PESCARA - La fama di questo vitigno parte da lontano, pochi conoscono la vera storia del Montonico che risale, secondo alcune fonti al 1615, quando nella zona di Bisenti nel teramano già si parlava di esso.
Nel centro Italia a partire dal 1825 l’ampelografo Acerbi parlò proprio di questo vitigno che veniva chiamato dagli agricoltori con altri sinonimi come ad esempio Rappenollo, Ciapparuto, Chiapparone, Fermana Bianca, Racciapaluta e Firmano.
Nel 1962 Bruni nelle sue citazioni parlò del Montonico coltivato nel teramano parlando di esso come uva da tavola dalle doti di grande conservabilità.
Fino agli anni sessanta esso era molto diffuso in Abruzzo, particolarmente nella provincia di Chieti, nella zona di Teramo e di Sulmona.
Era molto coltivato anche nelle Marche soprattutto nelle zone di Fermo e Macerata, ma poco alla volta le zone di coltivazione si restrinsero fino a rimanere quasi esclusivamente nelle zone di Bisenti e Cermignano.
Veniva coltivato in alberata sia in collina che in pianura, garantendo grandi quantità nella produzione, esso è un vitigno che deve essere distinto dal Montonico Bianco e Pinto che era coltivato in Calabria.
Esso è iscritto nel Registro Nazionale delle Varietà di Vite dal 1970.
E’ un vitigno che si adatta perfettamente anche al clima rigido, per questo è in grado di dare ottimi frutti sia in collina che in montagna, è molto vigoroso e i terreni ciottolosi e calcarei uniti all’escursione termica gli hanno donato le tipiche caratteristiche organolettiche come un basso grado zuccherino, una buona acidità note fruttate, floreali e minerali.
Le caratteristiche visive sono quelle di un giallo paglierino, al naso si apre un largo ventaglio di odori come il fruttato, le note delicate di fiori, l’erba fresca, il fieno, l’ananas, il melone e la frutta matura,
Il sapore è delicato e fresco, molto persistente e pieno con un retrogusto piacevolmente amarognolo che gli conferisce un giusto equilibrio.
Si abbina perfettamente a piatti di pesce, formaggi e uova.
Annamaria Acunzo
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