PESCARA - La storia a molti sconosciuta del campo di concentramento impiantato nel 1940 a Ferramonti di Tarsia, in provincia di Cosenza in Calabria, nel film “Ferramonti” diretto dal regista vincitore del Globo d'Oro 2020 Emanuele Pellecchia, su soggetto di Pellecchia e Luna Cecilia Kwok, con cui la napoletana Phoenix Film Production, in coproduzione con la Movi Production di Roma, ricorda alcuni personaggi che durante la Seconda Guerra Mondiale, agendo in prima linea e disobbedendo alle prescrizioni nazifasciste, tinsero di coraggio e di speranza le pagine opache della memoria nazionale di quegli anni. Presenze eccezionali, di calibro nazionale e internazionale, tra interpreti e tecnici in questo particolare film che si avvale delle musiche originali del maestro Andrea Morricone e il trucco di Vittorio Sodano (Nomination agli Oscar come miglior trucco per “Apocalypto” di Mel Gibson; David di Donatello per “Il divo” di Paolo Sorrentino, film con cui ha guadagnato la seconda Nomination agli Oscar). Il cast di attori sarà reso noto in un successivo comunicato.
Le scene, girate in Calabria con il patrocinio morale del comune di Tarsia, sono interamente ambientate nel campo di concentramento di Ferramonti, che ha messo a disposizione locali interni ed esterni grazie all’interessamento e all’appoggio del sindaco del comune di Tarsia, l’avvocato Roberto Ameruso e del consigliere delegato alla cultura, il dottor Roberto Cannizzaro; nonché della direttrice del museo Campo di Ferramonti, Teresina Ciliberti, e della coordinatrice delle attività e degli eventi, Angela Simona Celiberti.
Gli sceneggiatori Pellecchia, Kwok e Francesco Saverio Tisi, ispirati da storie vere, sono partiti dall’indagine pubblicata nel 1984 nel libro I cinesi in Italia durante il Fascismo del professor Philip Kwok (riedito nel 2018 dalla Phoenix Publishing), passando per fonti d’archivio fino ad approdare alla consulenza storica del dottor Mario Rende e delle dottoresse Teresina Ciliberti e Angela Simona Celiberti.
Nel giugno del 1940 venne inaugurato il campo di internamento civile di Ferramonti nel comune di Tarsia in provincia di Cosenza, il più grande e importante costruito in Italia. Il comando fu assegnato al commissario di pubblica sicurezza Paolo Salvatore che da subito si mostrò recalcitrante alle brutali direttive del regime nazifascista. A Ferramonti, infatti, il direttore proveniente da Napoli e natio di Avellino, sostenuto dal padre cappuccino Callisto Lopinot e dal maresciallo Gaetano Marrari, instaurò un ambiente votato alla tolleranza e all’umanità.
Se il suo mandato durò fino al 1943, anno in cui fu allontanato a causa dei suoi metodi ritenuti eccessivamente permissivi, lo si deve al fatto che egli cercò di mantenersi sempre nei limiti consentiti nell’osservazione delle regole disciplinari sulla gestione dei campi. Applicando quelle norme secondo una personale interpretazione, riuscì a garantire una vita più o meno tranquilla agli internati ebrei e stranieri, tra cui medici, futuri Premi Nobel, filosofi, artisti.
Gli autori della pellicola “Ferramonti” non si chiedono come Paolo Salvatore, Callisto Lopinot e Gaetano Marrari abbiano potuto realizzare un tale e inverosimile miracolo, salvando, proteggendo, rendendo dignitosa l’esistenza degli internati di Ferramonti – poiché davvero la vicenda serba in sé dell’incredibile –, ma vuol focalizzare l’attenzione su fatti dimenticati o, forse, trascurati. Eppure, dettagliatamente documentati.
Il film vuol innanzitutto ricordare alcuni eroi che, agendo in prima linea e disobbedendo al sistema totalitario all’epoca vigente, hanno colorato di forza e di fiducia verso l’avvenire quelle oscure e vergognose pagine della nostra storia nazionale.
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