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Ipertensione polmonare: una malattia rara, poco conosciuta e invalidante

L'appello delle associazioni pazienti Aipi e Amip alla vigilia della giornata mondiale del 5 maggio

ROMA - Ipertensione polmonare, la malattia dei paradossi. I sintomi sono troppo generici per essere identificati, i pazienti sono troppo pochi - tremila in Italia- per venire intercettati da medici non esperti, le terapie ci sono ma non iniziano tempestivamente perché la diagnosi arriva sempre troppo tardi. E’ una malattia rara ma non trascurata perché il Sistema Sanitario Nazionale se ne fa carico; è rara ma non orfana di terapia perché la Ricerca ha messo a punto farmaci sempre più efficaci, come per esempio il riociguat, capostipite della nuova classe degli stimolatori della guanilato-ciclasi solubile. E’ rara e per questo ‘orfana di diagnosi’: pochi la conoscono, è difficile individuarne i sintomi, spesso i pazienti non vengono ascoltati quando riferiscono i sintomi. E così la ‘fame d’aria’ diventa tale da non rendere possibile nemmeno fare un passo, figurarsi salire una scala. Se non si interviene il destino può essere fatale e l’ultima chance resta il trapianto di polmone. «Parlare di ipertensione polmonare significa far conoscere la malattia, aiutare chi ne soffre a riconoscersi nei sintomi e iniziare le cure il prima possibile. Non vogliamo più essere ‘orfani di diagnosi’» l’appello del presidente dell’AIPI, Leonardo Radicchi e quello dell’AMIP, Vittorio Vivenzio - le due Associazioni dei pazienti presenti in Italia - è univoco: una sola voce per dare voce a tutti i malati. All’appello delle associazioni dei pazienti rispondono gli esperti che unanimemente concordano sulla necessità di favorire la diagnosi precoce e la tempestiva presa in carico del paziente da parte dei Centri altamente specializzati sin dalle fasi iniziali della patologia. Un appello congiunto lanciato alla vigilia della Giornata Mondiale dell’Ipertensione polmonare del 5 maggio, in occasione di una conferenza stampa dove è stata presentata in anteprima una pillola del cortometraggio ‘A corto di fiato’, un progetto patrocinato dalle associazioni AIPI e AMIP e reso possibile grazie al contributo non condizionante di MSD Italia. Il cortometraggio vuole dare voce a chi, fino ad oggi, è rimasto inascoltato e diffondere il positivo messaggio che, se tempestivamente diagnosticata e trattata in modo appropriato, oggi si può offrire una buona qualità di vita alle persone con ipertensione polmonare.
LEONARDO RADICCHI - PRESIDENTE ASSOCIAZIONE IPERTENSIONE POLMONARE ITALIANA - AIPI
«L’ipertensione polmonare è una malattia rara. Fortunatamente, a differenza di altre malattie rare non è “orfana di terapia”. Questo dovrebbe essere un motivo di soddisfazione, se non fosse che troppe volte i malati arrivano ai trattamenti dopo una vera via crucis tra diagnosi sbagliate, sintomi ignorati, cure improvvisate ed è così, nostro malgrado, che ci troviamo ad essere “orfani di diagnosi”. Bisogna educare la società e il mondo medico in particolare. Mi riferisco ai medici di medicina generale, sono sempre loro i primi ad incontrare il paziente. Poi i medici della medicina del lavoro, quelli delle commissioni INPS per l’invalidità: combattere tutti i giorni una malattia rara è già abbastanza difficile, sarebbe buona cosa se riuscissero ad evitarci di dover combattere contemporaneamente anche quelle istituzioni che dovrebbero tutelarci».
VITTORIO VIVENZIO - PRESIDENTE ASSOCIAZIONE MALATI DI IPERTENSIONE POLMONARE ONLUS - AMIP
«Se una persona lamenta ‘fame d’aria’, se la sua stanchezza va al di là di un normale stress e persiste nel tempo bisogna credergli. E intestardirsi a cercare una spiegazione, non liquidare tutto con ‘sei fissato’ o ‘sei ansioso’. Quando finalmente dopo una via crucis arriva la diagnosi, lì per lì sei sollevato perché almeno non sei un ‘malato immaginario’ ma dura un istante. Fino a quando il medico non ti dice che cosa hai. E poi come arrivi a casa e cerchi su internet allora arriva la disperazione. Il fatto che l’ipertensione polmonare sia stata inserita nei LEA è un grande successo e un enorme passo in avanti. Ma non possiamo ancora dormire sonni tranquilli. Perché adesso la parola è passata alle Regioni. Noi speriamo che vengano adottati dei percorsi diagnostico - terapeutici - assistenziali che siano davvero un filo rosso per tutte le Regioni. Perché l’appropriatezza prescrittiva è fondamentale per la sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale ma ancora di più per il paziente che deve poter contare sulla migliore cura possibile».
ANDREA MARIA D’ARMINI - PROFESSORE ORDINARIO DI CARDIOCHIRURGIA, RESPONSABILE UNITÀ DI CARDIOCHIRURGIA, DEI TRAPIANTI INTRATORACICI E DELL’IPERTENSIONE POLMONARE, UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PAVIA, FONDAZIONE I.R.C.C.S. POLICLINICO ‘SAN MATTEO’
«Rispetto alle altre forme di Ipertensione Polmonare, l’Ipertensione Polmonare Cronica Tromboembolica (CTEPH) ha una soluzione chirurgica (l’endoarteriectomia polmonare - EAP) in quanto è determinata da una causa meccanica. E’ l’unica forma di Ipertensione Polmonare dove, nella maggioranza dei pazienti, si ha la guarigione completa e duratura dalla malattia e questo si ottiene mediante l’intervento di EAP. Sulla carta tutti i pazienti con una diagnosi di CTEPH sono operabili, tuttavia ci sono dei casi in cui non è possibile intervenire e i motivi sono diversi: per esempio, se è tecnicamente impossibile, perché l’ostruzione è troppo lontana dal cuore o perché il danno è ormai così di vecchia data che non si riesce neppure più a distinguere l’arteria polmonare a valle dell’ostruzione. Comunque oggi il 95 per cento dei pazienti è operabile. Ma qui entra in gioco il fattore ‘età’. Se pensiamo che nel 2016 la metà dei pazienti operati aveva più di 70 anni, è evidente come statisticamente sia facile che a quell’età, pur se tecnicamente operabili, abbiano delle controindicazioni legate ad altre problematiche. C’è infine un aspetto, quello degli anziani che pur candidati alla sala operatoria decidono di non farsi operare perché non vogliono correre il rischio che l’intervento comporta. Una nota dolente è quella del ritardo nella diagnosi o nella diagnosi di ipertensione polmonare di tipo errato: sono ancora molti i pazienti che arrivano con una lunga storia di malattia alle spalle. Colpa di un sistema sbagliato che fa perdere tanto tempo al paziente prima di arrivare ad un Centro multidisciplinare in grado di seguirlo, l’unica strada virtuosa da seguire. Oggi la CTEPH può contare su un’arma in più: prima dell’approvazione di riociguat non c’era alcuna terapia farmacologica approvata per questa forma di Ipertensione polmonare. Oggi riociguat rappresenta l’unica terapia farmacologica specifica per quei pazienti inoperabili o che a causa di una ipertensione polmonare cronica tromboembolica persistente o ricorrente dopo chirurgia devono tenere sotto controllo la malattia».
MICHELE D’ALTO - RESPONSABILE DEL CENTRO SULL’IPERTENSIONE POLMONARE DELLA CARDIOLOGIA SUN, AO MONALDI DI NAPOLI
«Il ritardo diagnostico è un enorme problema per i pazienti con ipertensione polmonare. Si calcola che tra l’insorgenza dei sintomi e la diagnosi definitiva passino in media più di 2 anni. Periodo che potrebbe essere utilizzato per somministrare terapie adeguate e cambiare la storia clinica dei pazienti. L’ ipertensione arteriosa polmonare (un altro dei cinque gruppi di Ipertensione Polmonare), non può essere trattata chirurgicamente ma solo farmacologicamente ed è importante una diagnosi tempestiva. Il livello di attenzione per fortuna è notevolmente aumentato negli ultimi anni, ma quello che ancora manca è un coordinamento tra i Centri. Una rete grazie alla quale i Centri meno esperti, ma che intercettano il paziente nelle fasi iniziali della malattia, siano collegati rapidamente ai Centri più esperti. Spesso il paziente si trova a girare, facendo una serie di consulenze un po’ slegate tra loro. Il percorso diagnostico è molto complesso e prevede l’esecuzione di numerosi esami come l’ecocardiogramma, le prove spirometriche, la TAC del torace con e senza contrasto, la scintigrafia polmonare, il cateterismo cardiaco. Esami strumentali importanti che vanno letti da occhi esperti. Così si arriva alla diagnosi. A questo punto, il paziente viene sottoposto ad una terapia specifica e seguito in maniera molto stretta per capire se la risposta è soddisfacente o se sia necessario eseguire terapie più aggressive. Tutto questo è possibile solo in un Centro con adeguata esperienza, che si avvale di molti specialisti che collaborano e sanno gestire adeguatamente tutti gli aspetti della malattia. I malati ci chiedono di essere assistiti a tutto tondo. Ovviamente ci chiedono il farmaco più adatto, la cura più efficace. E lo fanno perché hanno bisogno di tornare a vivere. Per questo anche l’aspetto psicologico è importante: perché la loro è una storia di dolore, di disagio sociale e relazionale».
CARMINE DARIO VIZZA - RESPONSABILE DEL CENTRO IPERTENSIONE POLMONARE PRIMITIVA E FORME ASSOCIATE AZIENDA POLICLINICO UMBERTO I– UNIVERSITÀ ‘LA SAPIENZA’ DI ROMA
«Se parliamo di Ipertensione Polmonare, in generale, non possiamo definirla ‘una malattia’ quanto piuttosto una condizione emodinamica, fortemente invalidante che può portare ad una grave forma di insufficienza cardiaca ed al decesso. Esistono 5 forme di ipertensione polmonare. Ma non solo: prendiamo l’ipertensione arteriosa polmonare, anche di questa ne abbiamo diverse forme legate a differenti cause. Uno scenario, dunque, piuttosto complesso. Il tutto associato ad un numero limitato di malati: ci sono medici che non incontreranno mai nella loro professione un paziente con ipertensione arteriosa polmonare. Ed è per questo che, spesso, quando ne incontrano uno non lo riconoscono. Fino agli anni ’90 l’unica opzione terapeutica per questi pazienti era il trapianto di cuore-polmone o di polmone. Una via proponibile solo in alcuni casi e praticabile in un numero esiguo di pazienti. Poi sono apparsi diversi trattamenti farmacologici e lo scenario è andato migliorando. Piccoli passi che hanno visto migliorare la mortalità del 5-10% netto l’anno con una sopravvivenza mediana che si è portata intorno ai 5-6 anni. Fino all’avvento della nuova classe di farmaci chiamati ‘stimolatori della guanilato ciclasi solubile’, di cui riociguat è il capostipite. Un nuovo farmaco che ha un meccanismo di azione molto interessante in quanto provoca la produzione di cGMP (guanosin-monofosfato ciclico, un secondo messaggero che agisce sulle cellule muscolari lisce provocandone il rilasciamento ed inibendone la proliferazione) stimolando direttamente la guanilato ciclasi solubile (sCG) anche in assenza di ossido nitrico. Semplificando al massimo: minore è il livello di ossido nitrico minore è la produzione di cGMP, maggiore è la vasocostrizione e la proliferazione delle cellule muscolari della parete dei vasi arteriosi polmonari. Questo aspetto è di particolare importanza perché nell’ipertensione arteriosa polmonare la produzione di ossido nitrico è ridotta. Nel caso dei pazienti con ipertensione arteriosa polmonare la terapia è un percorso a piccoli passi e molti tentativi. E’ necessario che i malati siano seguiti da Centri specializzati, dove trovano un team multidisciplinare, e dove tutte le strategie terapeutiche possano essere messe in atto. Perché non tutti i medici, non tutte le strutture sono in grado di gestire le terapie più complesse».
PISANA FERRARI - CEO PHA EUROPE – EUROPEAN PULMONARY HYPERTENSION ASSOCIATION
«Noi malati italiani siamo dei ‘privilegiati’ rispetto a quelli di tanti altri Paesi. Pensiamo solo alle nazioni dell’Est Europa o dei Balcani. In Italia le terapie sono disponibili e rimborsabili, il Sistema Sanitario Nazionale si è fatto carico della nostra malattia e non ci ha lasciato da soli. I malati di ipertensione polmonare in Italia possono, inoltre, contare su esenzioni per invalidità, reddito, e, da poco, con i nuovi LEA, anche per malattia rara. Infatti con i nuovi LEA, appena approvati, l'ipertensione arteriosa polmonare (una delle forme di IP) sarà esente. Abbiamo diverse voci che ci aiutano ad affrontare questo percorso di malattia così difficile e invalidante. Il sistema Italia c’è e funziona. Il problema dell’ipertensione polmonare è che i malati sono pochi. Per fortuna, vista la gravità della malattia! In Italia siamo circa 3000. Non vorremmo dover essere in tanti, vorremmo solo che la malattia si conoscesse di più. In media ci vogliono 2-3 anni prima di ricevere una diagnosi. Colpa dei sintomi aspecifici iniziali, certo. Ma i percorsi diagnostici sono poco conosciuti anche tra gli stessi medici. Maggiore conoscenza comporterebbe diagnosi più precoci. Gli specialisti tendono a trattenere i pazienti a livello locale invece che mandarli in Centri specializzati. Le nuove terapie rappresentano una speranza. Nel 1988 quando io sono entrata nel tunnel della malattia tutto questo non c’era. Non c’erano farmaci, non c’era Ricerca non c’erano neppure i Centri di riferimento o le Associazioni pazienti ai quali chiedere aiuto e consigli. Basti pensare questo per rendersi conto di quanta strada sia stata fatta. Grazie anche ai farmaci e alla ricerca. Progressi che in altre malattie rare sono solo sognati. Anche in questo possiamo considerarci dei ‘privilegiati’ nella sfortuna della malattia».
‘A CORTO DI FIATO’. IL CORTOMETRAGGIO RACCONTATO DAL REGISTA MARCO STRAMBI, GIORNALISTA MEDICO SCIENTIFICO
«‘A corto di fiato – vivere con l’ipertensione polmonare’ è un cortometraggio che vuole raccontare un giorno nella vita delle persone con questa malattia. Ho chiesto loro di prendere parte al progetto in modo attivo, filmando la propria vita con un cellulare o una telecamera. Ho incontrato le persone con ipertensione polmonare, abbiamo subito trovato una sintonia e una comunione di intenti. E un obiettivo: far conoscere maggiormente questa patologia. Insieme siamo riusciti a coinvolgere decine di persone con ipertensione polmonare, ognuna delle quali ha dato il proprio contributo con testimonianze in video. C’è ancora tempo – fino al 31 maggio - per partecipare, mandando il proprio contributo. Tutte le indicazioni sono sul sito www.acortodifiato.it che ospiterà il cortometraggio».
L’IPERTENSIONE POLMONARE
E’ una condizione clinica che colpisce cuore e polmoni. E’ caratterizzata da un aumento della pressione sanguigna nelle arterie polmonari. Esistono 5 forme di ipertensione polmonare: ipertensione arteriosa polmonare, ipertensione polmonare da malattie del cuore sinistro, ipertensione polmonare secondaria a malattie polmonari, ipertensione polmonare tromboembolica cronica, ipertensione polmonare con meccanismi multifattoriali. Nei pazienti possono essere presenti diverse cause alla base dell’ipertensione polmonare che possono portare a insufficienza cardiaca e decesso. I sintomi più comuni, che possono variare da individuo a individuo, sono: dispnea, faticabilità, capogiri e crisi sincopali. Inizialmente l’ipertensione polmonare è spesso asintomatica e quando i sintomi compaiono, la malattia è spesso scambiata con altre malattie ed è solitamente già progredita. Eppure una diagnosi precoce e accurata dell’ipertensione polmonare accompagnata da un monitoraggio continuo del trattamento, possono avere un impatto sul decorso clinico del paziente. Per questo è importante che i pazienti siano indirizzati precocemente ad un centro specializzato nel trattamento dell’ipertensione polmonare.


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